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Lorenzo Govoni

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Cos’è il CAPM (Capital Asset Pricing Model)?

capm

Coerentemente alla durata dell’investimento e al ritorno che esso può generare, ogni progetto dovrebbe essere valutato nei casi in cui il rendimento atteso previsto superi il costo dell’operazione e generi un premio di rischio per l’investitore.

Da questo punto di vista determinare il rischio che un progetto può generare è certamente un’attività che porta beneficio in un’analisi degli investimenti: è possibile così, scegliere dove impegnare il proprio capitale secondo un indicatore che ne stima il rischio.

Uno strumento che ci aiuta a questo scopo è il CAPM, modello matematico che permette di stimare il costo del capitale di un investimento.

Vediamo maggiormente di che si tratta.

 

La nascita del CAPM

Il CAPM, acronimo di Capital Asset Pricing Model, fu proposto per la prima volta dall’economista finanziario e premio Nobel per l’economia William Sharpe, che ha descritto nel suo libro del 1970 “Portfolio Theory and Capital Markets“. Nella versione iniziale il modello si basa sull’idea che l’investimento individuale contenga due tipi di rischio:

  1. Rischio sistematico: È il rischio che non può essere diversificato. Il rischio che influisce sul portafoglio a causa delle condizioni di mercato prevalenti come il tasso di interesse, recessione, guerre, ecc.
  2. Rischio non sistematico: definito anche rischio specifico, è un rischio che può essere diversificato aggiungendo diverse azioni nel portafoglio. In termini più tecnici, rappresenta la componente del rendimento del titolo che non è correlata alle variazioni generali del mercato.

 

Formula

Il CAPM è ampiamente utilizzato in tutta la finanza per valutare i titoli rischiosi e generare rendimenti attesi per le attività. Per determinarne il suo valore si ricorre alla seguente espressione:

CAPM = Tasso privo di rischio di mercato + incidenza del rischio sistematico * Premio rischio di mercato

Che in termini matematici si traduce in:

ERi = Rf + βi(Rm – Rf)

Dove:

ERi = rendimento atteso dell’investimento i-esimo;

Rf = tasso privo di rischio;

βi = Beta dell’investimento i-esimo;

Rm = rendimento atteso del mercato (a volte visto nella forma E(Rm));

(Rm – Rf) = premio per il rischio di mercato.

Il calcolo del rendimento atteso di un’attività tramite questo modello dipende quindi da tre variabili:

  • Tasso privo di rischi (Rf);
  • Premio per il rischio di mercato (Rm – Rf);
  • Beta, per valutare il rischio sistematico (βi).

Graficamente il CAPM è schematizzabile dalla successiva immagine, che verrà maggiormente compresa al termine della lettura dell’articolo.

Tasso privo di rischio

Nel gergo finanziario, il tasso privo di rischio o tasso risk free è l’importo percentuale che riceverai per investire in un’attività che non comporta alcun rischio. Ciò significa che i rendimenti previsti sarebbero gli stessi dei rendimenti effettivi (in questo caso il valore di beta assume valore pari a 0).

Il tasso privo di rischio ci aiuterà a determinare il rendimento aggiuntivo che dobbiamo aspettarci per decidere se vale la pena intraprendere tale investimento.

Infatti, supponendo che gli investitori siano razionali, chiederanno un rendimento maggiore tanto più il livello di rischio è elevato. In altre parole, il tasso privo di rischio funziona come una linea di base o un punto di partenza da cui costruiamo il nostro modello.

Per stimarne il suo valore, si valuta il rendimento dei titoli di stato di lungo periodo dove l’investimento è situato (in genere per gli Stati Uniti si prendono i buoni del tesoro a 10 anni).

Per l’Europa questo è un problema perché la valuta è emessa dalla banca centrale europea (BCE), e la BCE non emette titoli di stato.

Al momento, le obbligazioni emesse dai governi nazionali non sono esenti da rischi poiché tali governi non possono stampare euro. Quindi le obbligazioni hanno un rischio di insolvenza diverso da zero.

Una soluzione che normalmente si adotta in questi casi è quella di utilizzare le obbligazioni in euro a rischio più basso, ovvero quelli con i tassi di interesse più bassi (vedi i titoli tedeschi). Il tasso risk free sarà leggermente elevato, ma di solito l’errore causato non è significativo nel contesto delle altre incertezze della valutazione.

Un’alternativa potrebbe essere l’utilizzo della curva del rendimento dell’ECB per stimare il tasso risk free, la quale è aggiornata quotidianamente in questo sito.

 

Il premio per il rischio di mercato

Il premio per il rischio di mercato o market risk premium (MRP) è il rendimento atteso che un investitore riceve (o si aspetta di ricevere in futuro) dal possesso di un portafoglio carico di rischi anziché da attività prive di rischio.

Solitamente per il calcolo del MRP si osserva una serie storica sufficientemente lunga dei rendimenti del mercato azionario e dei rendimenti in titoli di debito privi di rischio (Rf).

Dal momento che essere azionisti è più rischioso che essere obbligazionisti, allora ci si aspetta anche una maggiore remunerazione dall’investimento azionario (cioè Rm delle azioni è più alto dell’Rm delle obbligazioni).

Valutanto il tasso privo di rischio (Rf) e il rendimento atteso dal titolo (Rm) l’investitore deciderà se investirà o meno in quel particolare titolo e, in caso affermativo, il tasso che guadagnerà oltre il rendimento privo di rischio (Rm – Rf) offerto dai titoli di Stato.

 

Beta

L’analisi di regressione determina come una variabile indipendente influenza una variabile dipendente. Statisticamente, ciò significa che raccoglieremo un mucchio di dati per vedere la relazione esistente tra le azioni in nostro possesso e il portafoglio di mercato.

In effetti, l’obiettivo qui è determinare fino a che punto lo stock che stiamo analizzando sia più o meno rischioso rispetto al portafoglio di mercato.

Quindi, una volta raccolti, i dati appariranno su un grafico che ha due assi (x, y) e in quella serie di dati, inseriremo una linea.

La Beta indica la pendenza di quella linea. In breve, maggiore è la Beta, maggiore sarà la pendenza della linea e viceversa. In statistica, questo tipo di regressione è anche chiamata regressione lineare.

La linea a cui mi sto riferendo è quella che troviamo nel grafico sopra ed è nota agli operatori finanziari come security market line.

Essa è una retta ad inclinazione positiva: emerge infatti una correlazione, appunto, positiva tra sensibilità al rischio sistematico di un’azione (misurato dal β) e rendimento atteso. Concettualmente ad un progressivo aumento del rischio avremmo un maggior rendimento atteso.

La formula del calcolo di beta invece è pari alla covarianza tra i rendimenti attesi del titolo e quelli del mercato, divisa per la varianza del rendimento atteso del mercato.

Con:

β = il beta di impresa

Ri = il rendimento atteso dell’azione i

Rm = il rendimento atteso del portafoglio di mercato

 

Esempio Capital Asset Pricing Model

Ipotizziamo ora di calcolare il rendimento atteso sul titolo italiano Servizi Italia S.p.a., utilizzando la formula del Capital Asset Pricing Model. Supponiamo che siano note le seguenti informazioni su uno stock a luglio 2019:

  • È quotata alla borsa valori di Milano e le sue operazioni hanno sede in Italia;
  • Il rendimento al tasso privo di rischio per i titoli decennali italiani sia pari a -0,48%;
  • Il rendimento annuo storico in eccesso medio per l’azione italiana sia del 9,30%;
  • Il beta medio dello stock è 0,84.

Qual è il rendimento atteso del titolo Servizi Italia S.p.a. utilizzando la formula CAPM?

Analizziamo la risposta usando la formula mostrata sopra nell’articolo:

Rendimento atteso = tasso privo di rischio + [Beta x premio di mercato]

Rendimento atteso = -0,48% + [0,84 x (9,30% – (-0,48%))]

Rendimento atteso = 7,7352%

Critiche al modello

Nonostante l’uso diffuso, ci sono molte critiche al Capital Asset Pricing Model, poiché la ricerca e l’analisi hanno scoperto che il modello ha alcuni difetti che diminuiscono la sua capacità di calcolare i rendimenti potenziali e valutare i titoli. In particolare abbiamo che:

  • Non esiste una sicurezza “priva di rischi”: L’ideale sottostante di CAPM (in particolare il tasso privo di rischio), che gli investitori possono prendere in prestito e prestare a un tasso che non possiede alcun rischio di insolvenza, non è realistico. I singoli investitori non sono in grado di prendere in prestito (o prestare) allo stesso tasso del governo, che è spesso dimenticato dal modello.
  • CAPM usa il passato per prendere decisioni sul futuro: Prendendo il valore Beta di un determinato titolo, stiamo valutando la volatilità passata di quel determinato titolo per determinare la volatilità futura, quando è risaputo che i titoli sono sensibili a deviazioni estreme dal loro comportamento storico.

    Per non parlare del fatto che il modello possiede il presupposto sottostante che l’unico rischio nella determinazione del prezzo di un portafoglio o nella valutazione del rendimento atteso sia sistematico, quando in realtà vi sono vari rischi che la “diversificazione” del portafoglio non può evitare.

  • Ipotesi non realistiche: In primis, il modello presuppone che tutti gli azionisti, sia attivi che potenziali, ricevano le stesse informazioni e concordino il rischio e il rendimento atteso delle proprie attività.

    In secondo luogo, il modello presuppone che la varianza dei rendimenti sia una misura del rischio. Ciò sarebbe implicito nell’ipotesi che i rendimenti siano normalmente distribuiti, ma per le distribuzioni dei rendimenti altre misure di rischio rifletteranno molto meglio le preferenze degli azionisti attivi e potenziali.

    Infine, Il modello CAPM di base non tiene conto delle tasse e dei costi di transazione.

Conclusione

In questo articolo abbiamo visto una breve introduzione al Capital Asset Pricing Model, che ci da un’idea del valore del costo del capitale di un’impresa.

Il CAPM viene spesso utilizzato per determinare quale dovrebbe essere il prezzo equo di un investimento. Quando si calcola il tasso di rendimento dell’attività rischiosa, tale tasso può essere utilizzato per attualizzare i flussi di cassa futuri dell’investimento al loro valore attuale e quindi arrivare al valore equo dell’investimento.

Per estensione, una volta calcolato il valore equo dell’investimento, è possibile confrontarlo con il suo prezzo di mercato. Se la stima del prezzo è superiore a quella del mercato, potresti considerare lo stock un vero affare. Se la stima del prezzo è inferiore, è possibile considerare lo stock sopravvalutato.

Per calcolare il costo del capitale netto è quindi necessario conoscerne il beta, il che è abbastanza semplice per le imprese quotate, in quanto esso è riportato da alcuni quotidiani e siti internet finanziari.

Per le imprese non quotate, invece, poiché il beta dipende dal settore in cui si intraprende il progetto e dal livello di indebitamento, si adotta una procedura riportata in tutti i principali manuali di finanza aziendale che consente di inferirlo tramite la conoscenza del beta del settore o dei beta di imprese simili quotate.

Maggiori informazioni sul modello e sugli esempi utilizzati le puoi trovare in:

  • Come stimare il costo dei mezzi propri di una impresa non quotata? Dal prof di Economia Alberto Lanzavecchia; 
  • Il rischio dimensionale per le piccole medie imprese (misurazione e aggiustamento dell’impatto sul costo del capitale), tesi di Francesco Maria Primiero;
  • Stimare il tasso privo di rischio in Europa; 
  • Informazione sui tassi privi di rischio e premium in Italia; 
  • Beta del titolo di Servizi Italia S.p.a.

 

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