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Lorenzo Govoni

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Il margine di contribuzione e la relazione costi e ricavi

margine di contribuzione

Quando gestisci un’azienda, è ovviamente importante capire quanto sia redditizio il business.

Molti leader considerano il margine di profitto, che misura l’importo totale in base al quale i ricavi delle vendite superano i costi.

Ma se vuoi capire come un prodotto specifico contribuisce al profitto dell’azienda, devi considerare il margine di contribuzione.

Prima di vederlo però, dobbiamo avere bene a mente che cosa sono i costi variabili, i costi fissi, i costi totali e che relazione essi hanno con i ricavi totali.

 

Costi variabili

I costi variabili sono le spese dirette e indirette sostenute da un’azienda per la produzione e la vendita di beni o servizi. Questi variano a seconda del volume delle unità prodotte o dei servizi resi.

I costi variabili aumentano all’aumentare della produzione e diminuiscono all’aumentare del volume di produzione. 

Esempi di costi variabili sono:

  • Materiali diretti: materie prime che sono principalmente necessarie nella produzione di beni;
  • Rifornimenti di produzione: quantità di utilizzo di olio e lubrificanti utilizzati per far funzionare correttamente e manutenere le macchine;
  • Orari di lavoro straordinari: importo pagato ai lavoratori oltre l’orario normale di lavoro;
  • Commissioni: importo pagato ai venditori per ogni unità venduta;
  • Costi di entrata / uscita merci: spese di spedizione o di trasporto che sono sostenute quando ci sono merci per la consegna ordinate dai clienti;
  • Utilità: quantità di elettricità e acqua utilizzate per produrre volumi di beni e servizi.

Il grafico dei costi variabili può essere rappresentato come segue:

 

Volendo trovare il costo variabile unitario (cvu), ossia il costo variabile del singolo prodotto, è possibile dividere i costi variabili totali (CV) per la quantità prodotta (X):

cvu = CV / X

 

Costi fissi

I costi fissi sono le spese sostenute che non cambiano, anche se ci sono cambiamenti nel volume di produzione di beni e servizi prodotti.

Si tratta di costi indipendenti dalle operazioni commerciali e che non possono essere evitati. Nel determinare il prezzo e il livello di produzione, i costi fissi vengono solitamente utilizzati nell’analisi di pareggio per garantire la redditività.

Esempi di costi fissi sono:

  • Ammortamenti: Ammortamento dei costi di acquisizione di immobili, impianti e macchinari, che vengono sostenuti nel corso della loro vita utile;
  • Interessi passivi: tasso di interesse fisso su un prestito che deve essere pagato su base periodica;
  • Assicurazione: premi pagati nell’ambito di un contratto assicurativo;
  • Affitto: spese periodiche per l’utilizzo di un immobile;
  • Tasse di proprietà: imposte applicate dal governo in base al valore stimato della proprietà;
  • Stipendi: importo fisso pagato ai lavoratori o ai dipendenti per i loro servizi e ore lavorate;
  • Utilità: costi di elettricità, acqua e gas generalmente utilizzati nell’amministrazione degli uffici.

Generalmente, il grafico dei costi fissi può essere rappresentato come segue:

 

Costi totali e Ricavi totali

I costi totali (CT) sono dati dalla somma dei costi variabili (CV) più i costi fissi totali (CF). Quindi volendo esprimere una formula, abbiamo:

CT = CV + CF

O esprimendo i costi variabili come prodotto della quantità per il costo variabile unitario abbiamo che:

CT = X * cvu + CF

Generalmente, il grafico dei costi totali può essere rappresentato come segue:

 

Per vedere un esempio di quanto affermato finora vedi il video seguente:

Al contrario i ricavi totali (RT), che rappresentano tutte le entrate derivanti la vendita del prodotto, sono dati dal prezzo del prodotto (p) moltiplicato dalla quantità venduta (X), ipotizzando che tutta la quantità prodotta sia stata venduta (ovviamente non è sempre così nella realtà, ma questo ci serve per rappresentare una relazione tra i costi totali e i ricavi totali).

I ricavi totali, pertanto, possono essere espressi dalla seguente espressione:

RT = p * X

Generalmente, il grafico dei ricavi totali può essere rappresentato come segue:

 

Diagramma di profitto

Unendo i due grafici precedenti, il grafico del costo totale con il grafico dei ricavi totali, si può ottenere il diagramma di profitto.

Un diagramma di profitto mostra la relazione attesa tra i ricavi totali (RT) e i costi totali (CT) al variare delle quantità di output prodotte e può essere costruito sia per l’impresa in sé, sia per specifici segmenti di business, come prodotti o divisioni. 

Esso può essere rappresentato dal seguente grafico: la parte colorata in verde indica quando si ha un profitto, mentre la parte in rossa quando le quantità non sono sufficienti a garantire un profitto (quindi si ha in sostanza una perdita).

 

Di particolare interesse è il punto di incrocio tra la retta dei costi totali e la retta dei ricavi totali: tale punto viene definito punto di pareggio/ volume di pareggio / break even point e così via.

Esso indica il volume di output per il quale si ha un reddito pari a zero, ossia quindi che i costi totali sono uguali ai ricavi totali.

Per calcolare il punto di pareggio puoi affidarti a questa formula:

Xp = CF / (p – cvu)

Il volume di pareggio è quindi calcolato dividendo i costi fissi totali per la differenza tra il prezzo di vendita unitario (p) e il costo variabile unitario (cvu).

La differenza p – cvu è chiamata margine di contribuzione unitario (mdcu). E quindi il punto di pareggio può essere espresso come:

Xp = CF / mdcu

 

Cosa sarebbe il margine di contribuzione?

Il margine di contribuzione rappresenta, in sostanza, l’importo che le entrate da una vendita eccedono o vengono superate dai costi variabili pagati per creare quell’unità venduta.

Quindi, se il costo variabile unitario è di 50 € per creare un’unità del prodotto e vendi quell’unità a 75 €, il tuo margine di contribuzione sarà pari a 25 € (75 – 50).

Questo rappresenta il margine di contribuzione unitario.

Se moltiplichiamo per le quantità vendute, otteniamo il margine di contribuzione di un prodotto, cioè il contributo alla copertura dei costi fissi e alla generazione di profitto.

Il grafico del margine di contribuzione può essere rappresentato dalla seguente immagine. La parte colorata in blu chiaro, che rappresenta la differenza tra i ricavi totali e i costi variabili, indica il margine di contribuzione di un prodotto al variare delle sue quantità.

 

Il margine di contribuzione può essere espresso anche in forma percentuale: non è altro che quel margine di contribuzione unitario espresso in funzione del prezzo di vendita.

Nell’esempio sopra sarà pari a 25/75 = 0,333, e ciò significa che ciascun euro di ricavo produce 33,3 centesimi di euro di contribuzione.

Il margine di contribuzione percentuale è spesso preferito al margine di contribuzione unitario perché consente di calcolare molto rapidamente l’effetto economico che deriva da aumenti di ricavo. È uno strumento di decisione commerciale che aiuta a scegliere su quale prodotto A o B concorrenti convenga puntare maggiormente.

Conto economico a margine di contribuzione

Il primo passo per calcolare il margine di contribuzione è prendere un conto economico tradizionale e ricategorizzare tutti i costi come fissi o variabili. Ciò significa predisporre un conto economico a margine di contribuzione.

Vediamo un esempio di conto economico di questo tipo (i costi fissi sono divisi dai costi variabili):

 

Questo tipo di conto economico classifica i costi non per funzione, bensì in relazione al loro comportamento con il volume di output.

Sottraendo i costi variabili dai ricavi otteniamo il margine di contribuzione; poi dal margine di contribuzione tutti i vari costi fissi si ottiene il reddito netto o eventuale perdita.

Più alto è il margine, meglio è e, in un mondo teoricamente perfetto, il margine di contribuzione sarà del 100% (ciò significa che è uguale al prezzo, e che sono nulli i costi variabili).

Nella pratica, tuttavia, il margine di contribuzione arriverà a molto meno del 100% e forse anche meno del 50%.

Un margine di contribuzione “buono” è del tutto relativo, e può cambiare da impresa a impresa, a seconda della natura di una determinata società, della sua struttura di spesa e dal mercato che la contraddistingue.

 

Migliorare il margine di contribuzione

Un’impresa che voglia capire maggiormente le dinamiche del proprio valore dovrebbe focalizzarsi sui costi fissi totali e il margine di contribuzione unitario, piuttosto che sul reddito medio che cambia in funzione del volume.

Per aumentare il margine di contribuzione di un prodotto è possibile:

  1. Aumentare il prezzo unitario di vendita (p);
  2. Ridurre il costo variabile unitario (cvu);
  3. Ridurre i costi fissi totali (CF);
  4. Aumentare il volume (X).

Se le imprese fossero tutte monoprodotto, questo sarebbe molto semplice.

Tuttavia quanto affermato è difficile applicarlo nel mondo reale, dove i prodotti commercializzati sono nella maggior parte dei casi più di uno.

Una soluzione applicabile però è quella che l’azienda potrebbe calcolare il margine di contribuzione per ogni prodotto e calcolarne una media ponderata (sempre che ne conosca i volumi di ogni quantitativo).

Il profitto di un’azienda sarebbe così calcolabile dalla seguente formula:

PR = mdce x Xtot – CF

Con mdce = margine di contribuzione equivalente

Xtot = Volume totale

CF = costi fissi totali

Ad esempio ipotizziamo che un’azienda venda 3 prodotti: A1, A2 e A3. Avendo i rispettivi dati:

 

Conoscendo inoltre il volume delle quantità dei prodotti A1, A2 e A3 venduti, possiamo facilmente calcolare il profitto che generano i 3 prodotti (l’incidenza percentuale rappresenta il volume del singolo prodotto rispetto al totale):

 

Il margine di contribuzione equivalente sarà pari a:

mdce = (mdca * Ia% + mdcb * Ib% + mdcc * Ic%) = (250 * 20% + 160 * 30% + 50 * 50%) = 123 €

Di conseguenza il profitto dei 3 prodotti sarà pari a:

PR = mdce * Xtot – CF

Ossia

PR = 123 * 3000 – 200.000 = 169.000 €

Se poi volessimo calcolarne anche il volume di pareggio, si ha che esso è pari a:

Xp = CF / mdce = 200.000 / 123 = 1626 prodotti

 

Conclusione

In questo articolo abbiamo visto cos’è il margine di contribuzione e come esso può essere importante per comprendere quanto un prodotto sia in grado di generare reddito o meno.

In generale, per i prodotti con maggiori volumi, e che hanno maggiore incidenza, si potrebbero svolgere maggiori analisi per puntare ad ottenere un miglioramento in uno dei 3 punti (p, cvu, X) e di conseguenza aumentarne il loro margine di contribuzione.

Al contrario, per i prodotti che hanno un margine di contribuzione molto basso, potrebbe valere la pena di interrompere del tutto la linea di prodotti. Questa è un’altra possibile strategia che può semplificare le operazioni e avere un impatto positivo sul margine di contribuzione complessivo di un’impresa.

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