
Secondo uno studio pubblicato nel libro “Riconquista il tuo tempo”, ogni minuto che collettivamente trascorriamo su Facebook vale 17 miliardi di dollari per l’azienda di Zuckerberg.
Ricordo che, la prima volta che ho letto la statistica, sono rimasto esterrefatto. Mi ha fatto riflettere.
In realtà, pensandoci bene, l’obiettivo degli ingegneri e dei dirigenti dell’azienda tech era chiaro fin dall’inizio: progettare il sito per sfruttare le vulnerabilità umane.
Lo stesso Sean Parker, primo presidente Facebook ha affermato: “La domanda che ci siamo posti agli inizi è stata questa: in che modo possiamo consumare quanto più tempo e attenzione possibili dei nostri utenti? “
Tramite tecniche di tecnologia persuasiva hanno ottenuto quanto volevano, tanto che lo scenario che quotidianamente ci troviamo a eseguire ormai è automatico: ci si sveglia la mattina, ancora nel letto e si rimane lì a scrollare la news di Facebook o di Instagram, o delle principali notizie del giorno.
Oppure mentre si è in pausa pranzo, in mensa o a ristorante, al posto di riposare e riprendere le energie per proseguire la giornata, si tira fuori lo smartphone.
Ancora: nelle fila in posta o in banca mentre aspettiamo che facciamo? Tiriamo fuori lo smartphone e iniziamo a navigare per evitare di annoiarci e far arrivare il proprio turno.
Ci sono andato vicino, vero?
Siamo costantemente distratti. In cerca sempre dell’ultima news, del like o dei cuoricini sui social. Perché ne sentiamo ormai come un bisogno. Ce l’hanno fatto credere, e ora ne siamo più che dipendenti.
Ti sei mai chiesto come ci sono riusciti?
Proseguendo nella lettura imparerai, sempre che tu non lo sappia già, perché stiamo tanto attaccati al nostro telefonino, senza potercene separare nemmeno un istante e alcune tecniche che potrebbero aiutarci a focalizzarci in ciò che realmente ci interessa, evitando l’utilizzo ininterrotto del dispositivo tecnologico.
Perché i colossi tecnologici utilizzano la tecnologia persuasiva?
Oggi nella Silicon Valley, migliaia di ingegneri sono pagati a fior di quattrini per lavorare col fine di tenerti incollato allo smartphone.
Dai risultati ottenuti capiamo che il loro lavoro lo stanno facendo piuttosto bene: non è un caso che la media di utilizzo dello smartphone e di internet sia piuttosto elevata pressoché ovunque nel mondo.
Complessivamente, in Italia l’utilizzo quotidiano medio di internet da ogni dispositivo è di addirittura 6 ore (vedi fonte)!
Questo è il motivo principale per cui le aziende investono in pubblicità sui social media sempre di più. Cioè pagano Facebook, o Google, che tramite le tecniche di tecnologia persuasiva gli consentono di farci trascorrere il maggior tempo possibile sulle loro piattaforme al fine di raccogliere i dati che gli diamo navigando.
In questo modo, più siamo collegati e più dati su di noi (cosa ci piace, cosa vogliamo comprare, dove vorremmo andare in vacanza, e così via) trasmettiamo.
Di conseguenza, con tutta questa marea di dati raccolti (quotidianamente e gratuitamente) riescono a capire cosa ti interessa e proporre le pubblicità adatte a te, e il ciclo poi riparte ripetutamente.
Ma che cos’è questa “tecnologia persuasiva”?
L’idea che computer, telefoni cellulari, siti web e altre tecnologie potrebbero essere progettati per influenzare il comportamento delle persone e persino gli atteggiamenti risale ai primi anni ’90, quando il ricercatore di Stanford B. J. Fogg coniò il termine “persuasive computing” (in seguito ampliato a ” tecnologia persuasiva“, o captologia).
In altre parole, per tecnologia persuasiva ci si riferisce a tutti quegli stratagemmi tecnologici che vengono utilizzati per farci rimanere il più possibile su internet.
Tali strumenti sono oggi utilizzati anche da molte aziende, che hanno fatto un ulteriore passo in avanti: utilizzare tecnologie che misurano il comportamento dei clienti per progettare prodotti mirati specificamente a creare nuove abitudini, indipendentemente dal fatto che siano convincenti e utili.
In questo modo ci spingono a cliccare sull’app, cliccare sulla notifica, anche se noi in realtà non ne abbiamo bisogno, o non ne sentiamo la reale necessità.
La tecnologia che sembra assistere le nostre scelte spesso ci dà in realtà qualcosa che non abbiamo chiesto, con il pretesto di “scoprire” un bisogno o desiderio latente, ed è così che ci ritroviamo a navigare per ore senza sapere quello che realmente stiamo facendo.
Il modello che ha sancito la diffusione della tecnologia persuasiva
I video che si riproducono automaticamente, le connessioni suggerite e le “pagine da seguire” sono tutte tecniche di persuasione utilizzate per mantenere le persone online più a lungo incoraggiando il comportamento che non è necessariamente nell’interesse dell’utente.
Queste semplici tecniche si basano sul modello di persuasione di B. J. Fogg: un modello ben testato per far cambiare un determinato comportamento e che ha permesso la divulgazione della tecnologia persuasiva nella maggior parte delle piattaforme online.
Nella sua forma più semplicistica tale modello si basa su 3 fattori:
- Motivazione: lo psicologo afferma che occorre creare negli utenti un motivatore chiave, ossia il desiderio degli stessi di essere accettati e allo stesso tempo di evitare che tali utenti siano respinti socialmente. In questo modo, l’utente si sentirà a suo agio nell’utilizzare la piattaforma senza problemi.
- Capacità: Fogg suggerisce che i prodotti digitali dovrebbero essere fatti in modo che gli utenti non debbano “pensare seriamente”. In altre parole, i social network sono progettati per essere facili da usare, senza troppe complicazioni o difficoltà di utilizzo.
- Innesco (trigger): i trigger sono la parte più interessante per chi disegna le interfacce con le quali si usano le tecnologie. Rappresentano un’azione che stimola una risposta immediata. Ad esempio, un trigger può essere identificato da un bottone da premere o un’azione da compiere. Ciò è ottenuto da una miriade di trucchi digitali, tra cui l’invio di notifiche incessanti che invitano gli utenti a visualizzare le foto degli amici, dicendo loro che mancano mentre non sono sul social network, o suggerendo di controllare, ancora una volta, se a qualcuno è piaciuto il loro post o la foto pubblicata.
Alta motivazione e facilità d’uso renderanno più facile, tramite l’utilizzo dei trigger, cambiare comportamento dell’utente che utilizza la piattaforma e viceversa: questo è uno stratagemma che non passa inosservato agli ingegneri di una qualsiasi piattaforma software.
Le tecnologie persuasive e il modello di Fogg funzionano a causa del loro apparente innesco del rilascio di dopamina, un potente neurotrasmettitore coinvolto in ricompensa, attenzione e dipendenza.
A quest’ultimo, i social network e i videogiochi associano una procedura per manipolare il cervello, conosciuta molto bene dai giocatori d’azzardo: la tecnica della ricompensa variabile.
Essa permette di ricompensare un determinato soggetto non tutte le volte che segue un determinato comportamento, bensì solamente qualche volta, a insaputa del soggetto che lo esegue.
Ad esempio, nelle slot machine, inserisci denaro e inizi a pigiare un bottone: non sai se dopo uno, cento o migliaia di volte vincerai qualcosa, quindi i giocatori continuano nella speranza che la prossima pressione del pulsante sia quella che paga.
Lo stesso accade nei social: pubblicare un aggiornamento non ti fa sapere quanto e se sarà apprezzato. Gli utenti non sanno mai quando riceveranno il prossimo “mi piace” o ricompensa del navigare sul sito, il quale arriva al momento giusto per favorire la massima stimolazione e tenerli sul sito, e farli tornare ancora per lunghi periodi di tempo.
Ciò fa aumentare i profitti per le società Internet di consumo le cui entrate si basano sulla quantità di prodotti utilizzati.
Evitare le distrazioni: come trovare rimedio
Sinceramente a me non piace pensare di essere manipolato da qualche ingegnerotto seduto in uno stanzino che controlla gli aggiornamenti che pubblichiamo dai social e programma cosa farci vedere e fare.
Questo è uno dei tanti motivi per cui i social non li utilizzo molto, anche se sono cascato più di una volta in questi ingegnosi trucchetti proposti online.
Perciò, onde evitare di farci manipolare da altri e utilizzare troppo il nostro smartphone, voglio consigliare la visione dei seguenti due video.
Il primo tratta di come Tristan Harris si interfaccia con la tecnologia.
Ex-architetto del design di Google, Harris ha scritto un manifesto per il design etico che è stato infine condiviso tra quasi 5000 googler.
Egli non approva il fatto che un gruppo di giovani ingegneri abbia effettivamente potere su ciò che più di 1 miliardo di persone fanno sui loro telefoni.
Secondo il suo parere, per contrastare questo mercato occorre sostenere i seguenti cambiamenti radicali della tecnologia e della società:
1) Ammettere di essere persuadibili: gli ingegneri di Facebook e Google sanno che la nostra mente è programmabile ad avere pensieri o piccoli blocchi temporali che non scegliamo di avere, e che quindi possiamo però prendere consapevolezza di essi, anziché farci influenzare da quello che loro vogliono. Dovremmo prendere consapevolezza di noi stessi, per evitare che la nostra attenzione sia costantemente utilizzata per vedere l’ultima news o video virale.
2) Necessità di nuovi modelli e sistemi di responsabilità: è chiaro che il business pubblicitario attuale non è quello migliore. Necessitiamo di modelli nuovi e trasparenti, che pongano come centro il nostro benessere e non quelli di qualcun altro che ci vuole ad ogni costo vendere qualcosa.
3) Necessità di rinascita nella progettazione: si intende creare una nuova bacheca Facebook, diversa da come la conosciamo, al fine di proteggere il nostro tempo, i nostri pensieri e le nostre azioni, e permettendoci di concentrare solamente su quello che realmente vogliamo nella nostra vita. Imparziale e giusta, non manipolatrice.
Il secondo video che voglio proporre è un altro Ted Talk molto interessante. Andrea Giuliodori, autore di efficacemente (e del libro Riconquista il tuo tempo proposto sopra), consiglia tre tecniche di difesa personale digitale:
1) Utilizzare lo smartphone in modalità bianco e nero: questo per evitare che la nostra attenzione venga risucchiata da tutte le app del nostro cellulare.
2) Eliminare completamente tutte le notifiche push, ossia tutte le notifiche Whatsapp, Facebook, Google o di sistema che compaiono sullo schermo, in quanto sono uno dei tanti trigger che creano il rilascio di dopamina, che alla lunga crea poi dipendenza.
3) Immergiti nella noia e accettala: strategia stramba tanto quanto bizzarra, ma efficace. Evitare l’impulso di scrollare continuamente il feed di Facebook, porterà sicuramente benefici sia in termini di produttività, creatività e tranquillità.
Se conosci altre metodologie che ti permettono di stare lontano dallo smartphone ti invito a condividerle nei commenti 🙂